Le famiglie che hanno presentato per prime l’Isee per avere l’assegno unico si trovano svantaggiate. Cosa è successo?
Tutto sembra essere nato da un cambio di regole in corsa da parte dell’Inps. In molti a febbraio si sono trovati una brutta sorpresa nel pagamento dell’assegno unico: l’importo non era quello che si aspettavano. Ecco quello che sta succedendo.
A febbraio il calcolo dell’assegno unico sarebbe dovuto avvenire in base all’Isee 2022. A stabilirlo non è soltanto la normativa che ha istituito l’assegno unico, ma anche più di una circolare Inps pubblicata negli scorsi mesi.
Stando a quanto riferisce Money.it però diverse segnalazioni mostrano che questo non è accaduto. Pare infatti che già col pagamento di febbraio l’Inps abbia ricalcolato l’assegno unico sulla base dell’Isee 2023. Un fatto che da un lato ha avvantaggiato chi ha un Isee 2023 più basso rispetto all’Isee 2022, perché gli ha permesso di poter godere un mese prima dell’aumento dell’assegno unico. Ma anche un fatto che, dall’altro lato, ha svantaggiato chi ha un Isee 2023 più alto rispetto a quello del 2022.
Di conseguenza molti utenti si sono ritrovati a febbraio con un assegno unico più basso rispetto al mese precedente. Con una comprensibile delusione. Tanto più che molti si aspettavano anzi un assegno più alto per via della rivalutazione degli importi – incluso il conguaglio e gli arretrati relativi a gennaio 2023 – che era stato annunciato dall’Inps. Un “taglio” che gli operatori dell’Inps hanno spiegato con un cambio “in corsa” delle regole comunicato per via interna ma non ancora reso pubblico.
In molti si sono dunque trovati penalizzati e adesso valutano il da farsi, inclusa la possibilità di fare ricorso ai danni dell’Inps.
Eppure sulle modalità di calcolo dell’assegno la normativa non sembrerebbe lasciare molti spazi a dubbi. Il provvedimento n. 230 del 29 dicembre 2021, quello che istituisce l’assegno unico per i figli a carico, recita quanto segue: «Con riguardo all’assegno relativo ai mesi di gennaio e febbraio di ogni anno, si fa riferimento all’Isee in corso di validità a dicembre dell’anno precedente» (art. 6, comma 7).
Oltre alla normativa, anche due circolari Inps confermano che l’assegno unico pagato nei mesi di gennaio e febbraio 2023 andrebbe calcolato facendo riferimento all’Isee 2022. Ad esempio la circolare n. 23 del 9 febbraio 2022 ribadisce che «l’importo mensile spettante è determinato tenuto conto dell’ISEE presente al momento della domanda. L’importo erogato è fisso per tutte le rate, salvo il conguaglio che verrà effettuato generalmente nelle mensilità di gennaio e febbraio di ogni anno successivo, in cui si farà riferimento all’Isee in corso di validità al 31 dicembre dell’anno precedente.
Esempio: domanda di assegno unico presentata a marzo 2022 con Isee valido. La rata di marzo e tutte quelle successive sono calcolate sulla base dell’Isee presente al momento della domanda. Nei mesi di gennaio e febbraio 2023, si fa riferimento all’Isee valido al 31 dicembre 2022, con possibilità di conguaglio rispetto al valore della rata inizialmente calcolato a marzo 2022, ed erogato in misura fissa nelle mensilità successive».
Sulla stessa linea anche la circolare Inps n. 132 del 15 dicembre 2022: «L’Isee in corso di validità al 31 dicembre 2022 continua a essere utilizzato per la determinazione degli importi dell’Assegno unico e universale relativi alle mensilità di gennaio e febbraio 2023; ciò in attuazione di quanto stabilito all’articolo 6, comma 7, del citato decreto legislativo n. 230/2021».
Insomma, le disposizioni sembrerebbero molto chiare. E allora perché alcuni utenti affermano di essersi visti calcolare l’assegno unico di febbraio 2023 sulla base dell’Isee 2023, a differenza di quanto prevede la legge? Sempre Money.it riferisce di aver posto la domanda al numero verde Inps. È in quella circostanza che un operatore avrebbe fatto riferimento a un messaggio interno da parte dell’amministrazione risalente al 19 gennaio scorso. Un messaggio che informava l’ufficio competente del fatto che «laddove l’Isee 2023 risulti già inviato la mensilità di febbraio viene calcolata sulla base della nuova attestazione». Sempre nel messaggio si parlerebbe di una circolare che dovrebbe essere pubblicata prossimamente ma della quale allo stato attuale ancora non si sa nulla. Così come non ci sarebbero altre circolari Inps dove si fa riferimento a questo cambio nella procedura.
Questo potrebbe voler dire essere venuti meno al principio di pubblicità a cui sono tenuti gli atti della pubblica amministrazione. Infatti agli utenti non è stata data per tempo comunicazione delle conseguenze della richiesta Isee prima che venisse pagata la mensilità del mese di febbraio.
Come detto, prima di tutto sono state penalizzate le famiglie che hanno presentato per prime la Dsu e nel 2023 hanno un Isee più alto rispetto al 2022. Questi utenti si sono visti ridurre l’assegno un mese in anticipo: a febbraio invece che a marzo. Questo ha generato una disparità di trattamento tra queste famiglie e quelle che invece rinnoveranno l’Isee dopo aver avuto l’assegno unico a febbraio. Queste ultime infatti avranno ancora per un mese un assegno più sostanzioso perché calcolato sull’Isee 2022. Per loro il “taglio” scatterà solo da marzo.
Ma sono penalizzate, sempre per la stessa ragione, anche quelle famiglie che avranno un Isee 2023 più basso di quello 2022 ma che avranno aspettato gli ultimi giorni utili per provvedere al rinnovo. Anche loro saranno svantaggiate rispetto a chi, avendo presentato prima l’Isee, potrà godere dell’aumento dell’assegno in anticipo di un mese.
Adesso toccherà all’Inps fare chiarezza. In primo luogo pubblicando la circolare che veniva annunciata nel messaggio ad uso interno. Ma anche così facendo, saremmo già fuori tempo massimo. Il cambio di procedura avrebbe dovuto essere comunicato prima che le famiglie cominciassero a rinnovare l’Isee, dunque entro la data del 31 dicembre 2022.
In più c’è il fatto che un atto amministrativo non potrebbe portare a un trattamento più sfavorevole rispetto a quanto fissato dalla legge. Tutti aspetti su cui occorrerà fare chiarezza con rapidità. In caso contrario il rischio è quello di un ricorso da parte di tutte le famiglie svantaggiate dalla mancanza di informazione. Per chiedere di ricevere quanto spetta loro in base alla normativa.
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