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Economia

Irpef in busta paga, sapete di cosa si parla? Tutto funziona in questo modo

Published by
Paolo Marsico

Non tutti conoscono bene quello che in realtà dovrebbero versare annualmente nelle casse dello Stato. La situazione è di fatto questa.

Tempo di ragionamenti che solitamente chi percepisce uno stipendio, una busta paga, per intenderci, nemmeno poi tanto prende in considerazione. A volte la differenza tra lavoro subordinato e lavoro autonomo è nel vero senso della parola tutto li. La consapevolezza di dover versare a un certo punto un tot del proprio guadagno, mentre dall’altra parte il tutto avviene del tutto naturale non andando a intaccare il consapevole stipendio da intascare.

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Il discorso, insomma, legato alle tasse, nella maggior parte dei casi è protagonista di queste due particolari distinzioni. Il libero professionista ha forse più il polso della situazione rispetto alla dinamica, semplicemente perchè direttamente paga quanto giusto, allo Stato, in base a quelli che sono, di fatto, i suoi guadagni. Il lavoratore dipendente, invece allo stesso modo, probabilmente, senza andare a leggere in busta paga sarebbe all’oscuro di quanto, di fatto, mensilmente, a sua mansione, in quanto a tasse, frutta allo Stato.

Il tema tasse è chiaramente sempre centrale nel nostro paese, anche in questo caso andando ad affrontare la cosa considerando i due diversi punti di vista. Chi lavora in proprio, autonomamente quindi, e chi invece lavora da dipendente, da lavoratore subordinato insomma. Il discorso è sempre aperto, lo scorso anno, il Governo Draghi fu attendo a considerare nuovi aspetti che chiaramente non piacevano a tutti nell’inquadrare il concetto di Irpef.

Nello specifico quando parliamo di Irpef prendiamo in considerazione una forma di tassazione più radicate nella storia del nostro paese, quella del reddito delle persone fisiche. In pratica, in presenza di qualsiasi forma di reddito ci sono da rispettare determinati elementi riguardanti la percentuale di tale reddito da versare allo Stato. In quanto alle percentuali esiste un preciso schema che riporta le varie quote da applicare in base al volume dello stesso reddito.

Ogni reddito, ogni fascia di guadagno, per intenderci sarà inquadrato in un preciso scaglione. In questi specifici raggruppamenti sono infatti raggruppate, per dire, tutte le varie fasce di reddito, per l’appunto, prese in considerazione dallo Stato. Dallo scorso anno gli stessi scaglioni dall’essere cinque a soltanto quattro. Il tutto ha chiaramente provocato molte proteste perchè in questo modo si andrebbe a tutelare quelli che sono i redditi più alti.

Irpef in busta paga, sapete di cosa si parla? Luce sugli scaglioni che determinano i vari importi

Stando quindi a quanto stabilito dallo scorso anno, con quelle che di fatto ha rappresentato una vera e propria riforma del contesto Irpef, al momento gli scaglioni da considerare per avere una idea su quanto la quota tasse incide sugli stipendi dei lavoratori sono di fatto i seguenti: per i redditi fino ai 15.000 euro confermata l’aliquota Irpef al 23%; per  redditi da 15.001 a 28.000 euro l’aliquota è passata dal 27% al 25%, per redditi da 28.001 a 50.000 euro è scesa dal 38% al 35%, mentre per redditi oltre i 50.000 euro è stata stabilita un’unica aliquota al 43%.

Ad ogni modo è giusto precisare che quanto stabilito nel corso degli anni passati dal precedente Governo guidato da Mario Draghi, non è di fatto entrato in vigore dal gennaio 2022. Tutto questo perchè l’Agenzia delle Entrate ha concesso l’adeguamento entro aprile 2022. Il tutto è figlio delle modifiche adoperate all’articolo 12 del Tiur. Con l’introduzione dell’Assegno unico che, di fatto, è andato, di fatto a sostituire le varie detrazioni per i figli a carico, in busta paga. Una nova modalità, insomma, che in alcuni casi non è molto piaciuta agli italiani.

Il punto, cosi come anticipato in precedenza sta nel concetto di tutelare, con l’eliminazione di uno scaglione, i redditi più alti. Poco vantaggio per chi guadagna poco, discreto o quasi eccessivo vantaggio per chi invece ha la fortuna di avere dalla sua un reddito annuo medio alto. A questo punto dovrebbe essere chiaro a tutti il funzionamento della logica Irpef. Come considerare il calcolo della quota da versare allo Stato direttamente in busta paga.

Discorso diverso, sempre come anticipato, per i lavoratori autonomi. Questi, di fatto avvertono molto di più il “peso” fiscale, andando materialmente a versare le tasse allo Stato. Sostanzialmente, quindi, in busta paga avremo in ogni caso un guadagno netto noto. Nel caso invece del lavoratore autonomo il tutto è da stabilire in fase di versamento delle stesse quote. Piaccia o meno, questo è oggi il nostro sistema fiscale.

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