L’inflazione sta colpendo tutti i beni di prima necessità, tra cui anche la pasta che sta raggiungendo cifre molto alte, anche tre euro al chilo.
La combinazione di fattori che ha portato, dopo decenni di stagnazione, all’aumento del costo dei beni al consumo e industriali si sta però lentamente risolvendo.
Ii prezzo dell’energia sta rientrando negli standard precedenti alla guerra in Ucraina, e il commercio mondiale si sta riprendendo dallo scossone causato dalla fine della pandemia. I prezzi al consumo saranno però gli ultimi a scendere, e quelli della pasta si stanno facendo notare, secondo il report di Salvagente, per essere particolarmente alti. Ecco la guida marchio per marchio agli aumenti dei prezzi del piatto preferito degli italiani.
Secondo gli ultimi dati, l’aumento dei prezzi della pasta nell’ultimo anno è stato del 30%. Un rialzo considerevole ma non distribuito equamente su tutti i marchi diffusi nei supermercati italiani. Tra i marchi che si sono distinti per gli aumenti minori c’è sicuramente uno dei più famosi, Barilla. Un chilo di spaghetti costava 1,72 euro un anno da, ora invece 2,03 euro.
Sono le marche legate ai supermercati quelle che rimangono con il prezzo più basso e gli aumenti più contenuti. Coop fa segnare +46 centesimi arrivando a 1,84 euro, Esselunga arriva a 1,38 con 29 centesimi di aumento, mentre Conad rimane la più bassa a 1,09, ma con un aumento in percentuale molto alto, del 39%.
Ci sono però alcune grandi firme della pasta italiana che hanno subito più della concorrenza la crisi inflazionistica. I prezzi di questi marchi sono aumentati di moltissimo, sia a livello assoluto che percentuale. La pasta De Cecco ad esempio tocca i 3,44 euro al chilo dai 2,70 pre crisi, la Rummo è aumentata di quasi un’euro al chilo, arrivando a 3,10. L’aumento peggiore è però quello de La Molisana, che sfonda i tre euro al chilo partendo da 1,80.
L’inflazione è un fenomeno che colpisce tutti i prodotti al consumo, trasversale. La gran parte dei beni che fanno parte del carrello della spesa sono aumentati di prezzo, ma la pasta sembra aver subito più di altri questi rincari. Le motivazioni sono da ricercarsi in alcune delle cause di questa inflazione, che esasperano i problemi dei produttori agricoli in Italia e nel mondo.
Prima di tutto ci sono gli aumenti generalizzati che colpiscono tutti i settori. Il blocco del commercio mondiale e il prezzo dell’energia fuori controllo comporta un aumento delle spese per i grandi produttori e di conseguenza un aumento dei prezzi al consumo, per compensare le spese. Ma una delle cause di questi aumenti, la guerra in Ucraina, colpisce direttamente il mercato del grano.
Nel paese invaso dalla Russia a febbraio scorso esistono ettari di terreno tra i più fertili al mondo. È un ambiente naturale per le grandi coltivazioni, in particolare è ideale per il frumento. L’invasione ha gravemente rallentato la produzione, con un impatto sensibile sui prezzi a livello globale. Pane e pasta, essendo derivati della farina di frumento, sono tra i beni più sensibili a queste oscillazioni e difficilmente scenderanno drasticamente di prezzo prima che la guerra sia conclusa o comunque largamente ridimensionata.
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